Il Dottor Fabrizio Starace, presidente della SIEP (Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica), ha segnalato “il pericolo insidioso di adottare approcci neo-istituzionalizzanti” da parte di residenze e cliniche private.
Secondo lo psichiatra e scrittore Piero Cipriano, si è generato un intricato gioco che egli definisce “Il gioco dell’oca della cronicità”.
Le persone sembrano intrappolate in un loop senza fine. È come se giocassero a una partita infinita saltando da una casella all’altra. Si parte dall’SPDC, dove avviene il ricovero in fase acuta, poi si passa alle residenze per lunghi o lunghissimi “soggiorni” e successivamente si fa ritorno a casa; nel mentre si fanno periodiche visite al centro di salute mentale, magari con piccole soste presso i centri diurni per praticare attività ricreative ”infantilizzanti”.
Segue una nuova crisi. Il gioco riparte.
L’indebolimento dei dipartimenti di salute mentale è andato sempre più a favore del privato finanziato dal sistema pubblico. Citando Basaglia: “più malati più profitto”. La presenza radicata di cliniche private sembra tuttora prosperare sulle spalle dei malati.
Di conseguenza, il numero di persone con disturbi mentali sembra aumentare, alimentando quelli che lo stesso Basaglia definì all’epoca gli “imprenditori della follia”.
Negli ultimi decenni, si è osservato un prolungamento della permanenza nelle strutture residenziali, accompagnato da un incremento dell’uso di terapie farmacologiche a discapito degli interventi psicosociali.
Daniela Pezzi “responsabile per i pazienti con disagio psichico della Caritas di Roma, dichiara che uno dei principali problemi nel Lazio è la mancanza di personale. L’ideale sarebbe avere 1 operatore ogni 150.000 abitanti, attualmente nel Lazio ci sono solo 0,3 operatori ogni 150.000 abitanti, con una carenza del 79% di personale socio-sanitario.
Analizzando i dati del Ministero della Salute del 2020, emerge che la spesa per la salute mentale nel Lazio rappresenta meno del 3% della spesa sanitaria regionale, un rapporto simile a quello del Friuli Venezia Giulia. Tuttavia, il Friuli Venezia Giulia ha servizi più avanzati rispetto ad altre regioni. A titolo di esempio, Trieste dispone di 4 centri di salute mentale attivi 24 ore su 24 con relativi posti letto, mentre Ostia ne ha solo uno aperto dalle 8 alle 14. Perché, a pari risorse, da una parte funziona e dall’altra no?
La Dott.ssa Pezzi prosegue facendo emergere il nodo della questione: La regione Lazio usa i fondi per finanziare le cliniche private; Le persone stanno male, i familiari non sanno a chi rivolgersi, le strutture territoriali mancano di servizi e sostegno e di conseguenza le cliniche restano gli unici appigli a cui aggrapparsi. In Friuli invece i fondi vengono utilizzati per finanziare le cooperative sociali, con l’obiettivo primario di garantire una riabilitazione socio-lavorativa del paziente.
I pazienti psichiatrici, quando stanno bene, sono una risorsa per la collettività, non un costo. È per questo che il sistema dell’assistenza psichiatrica in Friuli funziona bene e costa meno di altri in Italia.
In un’intervista alla rivista “Vita”, il Dottor Vito D’Anza, psichiatra che ha diretto l’SPDC di Pescia, dichiara che in un ventennio, grazie a “CURA E PRESENZA” non è mai stato necessario legare nessuno”.
Lo psichiatra prosegue dicendo: “la maggior parte delle persone pensa che l’obiettivo di Franco Basaglia fosse la chiusura degli ospedali psichiatrici; Era una questione decisiva, ma il punto centrale era un altro”.
La vera essenza del suo intento era la creazione di un sistema di assistenza che privilegiasse la presenza costante, interventi domiciliari, e professionisti adeguatamente preparati. Attualmente, la formazione psichiatrica conserva un’impronta fortemente tradizionale. Il Dottor D’Anza enfatizza l’importanza di “concedere tempo alle persone”.
Il Friuli rappresenta un modello di eccellenza che evidenzia la possibilità di miglioramento a livello nazionale. Focalizzarsi sull’integrazione sociale e sul sostegno alle famiglie; promuovere percorsi orientati alla riabilitazione anziché all’istituzionalizzazione. Dare dignità alla malattia mentale e trarre insegnamento dagli errori del passato.
Articolo di Samantha
per il progetto “Attivismo Digitale”